La mia Pantelleria

Un pensiero su Pantelleria

In occasione della protesta contro le trivellazioni petrolifere nel Canale di Sicilia, l’Associazione Agorà ha chiesto di scrivere un pensiero su Pantelleria a tutti coloro che la amano, a chi c’è stato almeno una volta, a chi ci viene in vacanza.

La prima a rispondere a questo appello è stata Beatrice Tonolo, giovane studentessa di farmacia a Siena. Ecco cosa ne pensa lei di Pantelleria:

Quando si osserva un paesaggio, si tende a pensare che tutti gli occhi vedano allo stesso modo, senza considerare che la mente filtra ogni colore, ogni piccolo dettaglio, sommando insieme il bagaglio d’esperienza che un individuo porta con sé con la percezione soggettiva del mondo circostante. La Pantelleria che mi era stata descritta prima che io mi trovassi fisicamente lì, era per me un’idea ben poco concreta, associabile solo all’immagine che avevo della Sicilia che già ben conoscevo, e talmente tanto filtrata dall’amore che provava chi me ne aveva parlato, che non potevo fare altro se non immaginare una sorta di locus amoenus oggettivamente bello ma privo di alcun tipo di sostanza.
C’è stata una volta in cui sono stata seduta per diversi minuti al bordo del Lago di Venere, ero sola, e solo allora ho costruito dentro di me la mia Pantelleria, quella che io raccontavo a me stessa, e non quella di cui tanto avevo sentito parlare nei mesi precedenti. È stato come se, dolcemente, l’aria si fosse appoggiata sulla mia pelle, lasciando entrare attraverso i miei pori la storia, i profumi, la freschezza dell’isola, facendomi sentire a casa in un posto tanto distante da casa mia.
Sono arrivata a Pantelleria la prima volta da straniera, un’ospite che camminava su una terra non sua, e sono stata accolta dai panteschi con una gioia e una familiarità del tutto genuine e spontanee, che hanno contribuito a fare della mia idea di Pantelleria quasi un omaggio ad una terra che io oserei definire sacra.
La sensazione di estraniamento all’isola si è dissolta nel momento in cui ho cominciato a guardarmi intorno, a percepire davvero l’isola con tutti i miei sensi: lì è la Natura ad accoglierti, ti parla, si mostra con una vanità quasi spiazzante e ti fa sentire tanto piccolo quanto felice.
Pantelleria è potenza: ha un suo proprio cuore che pulsa sotto la lava fredda, un’anima che si muove all’andirivieni della marea, su e giù, come se respirasse. Se guardi certe piante da vicino, certi fiori, certe sfumature dell’ossidiana negli scogli, pensi quasi che sia una bella donna, con le sue forme femminili così imperfette da risultare splendida.
Ricordo che sono rimasta sbalordita dai colori, così nitidi da sembrare il frutto di qualche strano ritocco: il verde è verde, il blu è blu, niente è contaminato, tanto che anche i sentimenti che un animo aperto può provare stando lì o anche solo pensando ad un ricordo legato a Pantelleria, non possono che essere puri e autentici.
Una mattina mi sono avviata in solitaria su per una stradina che si svincolava dal centro del paese; non saprei dire quale, ma mi aveva attirato perché era completamente vuota. Mi sedetti su un gradino di fronte alla porta di una casa, e rimasi lì all’ombra, al riparo dal sole battente e dal caldo soffocante, per molto tempo.
La luce era tanto forte da rendere tutto estremamente chiaro, quasi etereo. Per un pantesco questo potrebbe sembrare normale, ma io non sono abituata a quel sole, a quella lucentezza; era come stare a distanza ravvicinata da qualcosa che brucia, che consuma così tanta energia da non poter far altro che sprigionarla all’esterno, e ho immaginato che quella forza nascesse nel centro profondo dell’isola, al di sotto della crosta, nel suo più recondito spirito.
Mi hanno portata alle saune naturali, dentro a certi anfratti caldi e claustrofobici che solo certi corpi possono sopportare, e anche lì ho percepito il soffio vitale della terra sottostante, l’energia incontenibile della Natura che per milioni di anni si è prodigata per regalarci uno spettacolo unico e che, in alcune sere, quando il cielo è limpido e il sole chiude lentamente le sue dita rosa, permette di vedere i contorni dell’Africa al di là della linea del mare.
Anche il buio, a Pantelleria, è ospitale: ero seduta in terrazza una notte, era tardi, e il faro, a intermittenza, mi mostrava con fierezza il profilo della montagna che si gettava dolcemente in mare, un mare placido, nero, che sussurrava piano e invitava alla calma, riflettendo miliardi di stelle e la luna candida.
Sono tornata a Pantelleria una seconda volta e so già che vi tornerò molte altre volte, non solo perché conservo degli affetti importanti ma anche per renderla sempre un po’ più mia, impreziosendomi di tanta ricchezza e lasciando che parti di me rimangano lì come traccia di una straniera che un giorno si è innamorata dell’isola.

Se anche tu vuoi inviarci un pensiero, scrivici a staff@ilovepantelleria.net oppure commenta a fine pagina, lo pubblicheremo sul sito.

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